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Vitigni Emergenti

Il calice di Corrado • 9 ottobre 2023

 Il Trebbiano spoletino nelle terre del Sagrantino

Dici Umbria e subito, come vino/vitigno principe della regione, pensi al Sagrantino, il cui nome ha una matrice religiosa, sia che si ricolleghi ai Sacramenti (in latino Sacer = Sacro) dei riti ai quali era destinato il vino all’epoca passito prodotto dai frati, sia che si riconduca al vino che i contadini bevevano in occasione delle festività più importanti come Pasqua o Natale.

Uva dalla buccia spessa che serve da difesa contro parassiti e muffe, arriva lentamente a maturazione, ma possiede un tale corredo di polifenoli e soprattutto di tannini da conferire ai vini una straordinaria longevità, intensità, concentrazione e persistenza, dotata anche di una particolare astringenza, che può però essere moderata sia con tecniche di gestione del vigneto, sia in fase di vinificazione ed affinamento: oggigiorno infatti tutti i produttori puntano maggiormente sulla freschezza ed eleganza con una trama tannica meno invasiva e quindi dalla beva già pronta dopo pochi anni dalla vendemmia, piuttosto che sulla potenza e la muscolarità ricercate un tempo.

Il Montefalco Sagrantino, DOCG autonoma dal 1992, comprende tutto il territorio comunale di Montefalco, detta “Ringhiera dell’Umbria” per la sua cinta muraria che domina tutte le vallate e parte di vari comuni confinanti, con circa 800 ettari vitati compresi tra i 220 ed i 472 mt di altitudine, pertanto l’incidenza di pendenze, esposizioni e suoli creano vari microclimi da cui vini con diverse peculiarità e, per le caratteristiche descritte, prima di essere messo in commercio deve invecchiare lungamente in cantina (almeno 33 mesi a decorrere dal 1° dicembre della vendemmia, di cui minimo 12 mesi in botti di rovere di qualsiasi dimensione più perlomeno altri 4 mesi di in bottiglia).


Ma accanto a questo vitigno storico, da qualche anno è stato riscoperto ed iniziato ad essere reimpiantato un altro vitigno autoctono (bianco), che si affianca al già conosciuto Grechetto, il Trebbiano Spoletino, che deve essere presente almeno per l’85% (ma quasi tutte le aziende lo utilizzano, giustamente, al 100%) nelle tipologie “Trebbiano spoletino, superiore, spumante e passito” facenti parte della DOC Spoleto riconosciuta nel 2011: questo vitigno, che paga un po’ lo scotto per quell’iniziale “Trebbiano”, associato in genere ai vini di non eccelsa qualità del centro Italia pur non presentando alcuna parentela genetica con questi, è invece uva dalle poliedriche qualità, ad iniziare dai suoi profumi di erbe aromatiche e note retro-olfattive agrumate, ma soprattutto possiede un’acidità molto spiccata che gli permette sia una lavorazione variegata in cantina (macerazione sulle bucce, affinamento più o meno lungo in legno di vari formati), sia un’altrettanta variegata produzione di tipologie come detto sopra.

E gli assaggi di Trebbiano Spoletino sono stati i co-protagonisti in occasione di Enologica Montefalco, l’evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montefalco e La Strada del Sagrantino dal 15 al 17 settembre 2023 con la possibilità di girare tra i banchi dei produttori presenti nel Chiostro di Sant’Agostino a Montefalco oppure partecipare ad eventi organizzati direttamente in cantina.

Alla Fattoria ColSanto, acquisita e completamente ristrutturata nel 2001 dalla friulana famiglia Livon, situata nel comune di Bevagna nel cuore dell’Umbria, è stato possibile effettuare una mini verticale del Cantaluce, 100% Trebbiano spoletino che vinifica per metà in acciaio e per metà in barriques di rovere ungherese, caratterizzate da un legno molto fine e da una leggerissima tostatura, dove svolge anche 8 mesi di affinamento, creando così un vino molto fine, sapido e minerale, adatto anche ad un discreto invecchiamento.


Alla Fattoria ColSanto, acquisita e completamente ristrutturata nel 2001 dalla friulana famiglia Livon, situata nel comune di Bevagna nel cuore dell’Umbria, è stato possibile effettuare una mini verticale del Cantaluce, 100% Trebbiano spoletino che vinifica per metà in acciaio e per metà in barriques di rovere ungherese, caratterizzate da un legno molto fine e da una leggerissima tostatura, dove svolge anche 8 mesi di affinamento, creando così un vino molto fine, sapido e minerale, adatto anche ad un discreto invecchiamento.

La Tenuta Alzatura, fin dalla fine degli anni ’90 di proprietà della famiglia Cecchi, colosso della viticoltura toscana, produce due vini da Trebbiano Spoletino in purezza molto diversi tra loro, il Cortili, vino più immediato che vinifica e affina solo in acciaio ottimo come aperitivo e l’Aria di casa, che invece svolge vinificazione ed otto mesi di affinamento in barriques, col risultato di un bouquet più ampio di profumi, una nota tostata di nocciola nel finale ed una maggiore struttura che lo rendono adatto all’abbinamento anche con carni bianche e formaggi stagionati.

   

L’ultima cantina, cui non posso non accennare anche se produce solo vini rossi, è la Tenuta Castelbuono, acquisita agli inizi del nuovo millennio dalla Famiglia Lunelli (Ferrari Trentodoc) ed impreziosita dall’opera d’arte del maestro Arnaldo Pomodoro che, dopo ben sei anni di lavorazione, nel 2012 riuscì a terminare la scultura per la nuova cantina, a cui fu dato il nome “Carapace” proprio in virtù della sua struttura, una grande cupola ricoperta di rame incisa da crepe che rimandano ai solchi della terra che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità che con il suo carapace rappresenta l’unione tra terra e cielo.

Una cantina d’autore per vini d’autore come sono stati i 4 assaggiati dopo la visita all’interno della scultura, due Montefalco Rosso (annata e Riserva) e due Montefalco Sagrantino, annata in commercio 2018 e il miglior vino prodotto in Tenuta, il Carapace Lunghe Attese 2016 ottenuto da un unico vigneto biologico di 30 anni con tre stili di vinificazione diversi (in acciaio, in tini tronco-conici in legno e in terracotta) e successivi 7 anni di affinamento tra legno e bottiglia: vino di un intenso rosso rubino, con note di ciliegia sotto spirito, cioccolata e liquirizia, dal gusto pieno ed elegante con tannini setosi, dalla lunga persistenza si intuisce uno straordinario potenziale evolutivo appena iniziato.

     

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